venerdì 30 novembre 2007

Alla scoperta dei popoli europei: i Belgi

Le difficoltà per entrare nell'universo belga e scavalcare il profondo confine che separa francia e belgio cominciano col cercare di capire la differenza tra il nome del paese (belgio) e l'aggettivo per chi abita quel paese (belga). In francese potete scegliere tra belge e belgique e vi posso assicurare che si confondono molto facilmente. Verrebe naturale usare belgique come aggettivo e belge come nome, e invece è esattamente l'opposto. Noi poveri studenti stranieri (plurale maiestatis: io, povero studente straniero) continuiamo a confonderci e ne escono frasi come une fille belgique o je ne suis jamais allé en belge: state dicendo una ragazza belgio e non sono mai stato in belga, che no, in effetti non vogliono dire granché.
Superata questa difficoltà preliminare potrete finalmente avventurarvi nell'universo belga. La premessa è che i francesi adorano prendere per il culo i belgi, e non solo i francesi: pare che in tutto il centroeuropa ci si diverta molto a prendere per il culo i belgi. Perfino in lussemburgo, che, via, diciamocelo, non è esattamente l'ombelico del mondo. La prova è che se scrivete su google les belges le prime due pagine che vi appaiono non sono quelle di wikipedia o di un qualche sito di geografia. Sono pagine di siti francesi con battute sui belgi.
La prima cosa da sapere è che in belgio vivono due popoli, valloni e fiamminghi, che non si vogliono neppure troppo bene. I fiamminghi sono quelli che parlano la lingua più difficile e con meno consonanti del mondo, il neerlandais: assolutamente incomprensibile, la prima volta che sentirete parlare tra loro due fiamminghi vi sembrerà uno scherzo. I valloni parlano invece francese, anzi pretendono -come dicono qui- di parlare francese: i valloni dicono septante o nonante e potete immaginare quanto i francesi apprezzino queste innovazioni linguistiche.
Fiamminghi e valloni, si diceva, non vanno granché d'accordo: sono passati sette mesi dalle ultime elezioni e ancora non sono riusciti a fare un governo.
Parlando di belgio, i francesi vi racconteranno che il pasto tipico belga è composto da un chilo di patate fritte, da un chilo di maionese e da un litro di birra. Quella belga in ogni caso resta un'alimentazione varia: ci sono vari tipi di birra. O che se andate da un benzinaio a fare il pieno vi regalano un solo calzino. Al pieno dopo vi daranno l'altro. Sui libri per insegnare a leggere ai bambini accanto ai disegni degli animali ci trovate una friggitrice. In belgio d'inverno nevica e il resto dell'anno piove: e questa, detta da un francese, è davvero la più divertente di tutte.
I belgi in genere non si offendono e si fanno una risata, o almeno, simulano: vi spiegano che in realtà sono solo stereotipi, come in italia c'è la celebre tripletta pizza-mandolino-mafia.
E, pensandoci bene, credo sia meglio lo stereotipo delle patate fritte.

lunedì 26 novembre 2007

Del lunedì

Il weekend è volato tra la fine -o meglio la sospensione, che se le trattative falliscono ci risiamo- dello sciopero dei mezzi pubblici e feste per inaugurare case, tra ritorni a casa alle tre, poco dopo che qualcuno -sconosciuto- dei presenti decidesse di allietare gli astanti e il sabato delle padrone di casa vomitando in corridoio, proprio all'angolo tra la porta del bagno e l'anta dell'armadio, e pedalate notturne, per cui le mie mani ringraziano ancora la coinquilina e i suoi guanti rossi, tra sveglie all'una sia di sabato che di domenica e passeggiate solitarie sul canal st. martin, che un po' di turismo fa bene anche a me ogni tanto, in un fresco tramonto autunnale azzurro e rosa riflesso nell'acqua, tra jam session blues e giochi di mimi con calci rotanti di chuk norris.
Oggi è lunedì e a parigi c'è il sole, non fa troppo freddo (a quel che mi dicono si sta climaticamente peggio in italia) e, soprattutto, passano metro e rer. Siamo pronti a iniziare una nuova settimana.

venerdì 23 novembre 2007

Almost famous #2

Quando ieri sera sono tornato a casa e mi sono levato la felpa dal cappuccio sono caduti dei coriandoli gialli. Lo so che non è carnevale, è che sono stato a uno concerto degli i’m from barcelona.
Quello che per me era uno dei concerti più attesi dell’anno e l’unica ragione per cui un sabato sera di fine luglio scorso mi è dispiaciuto trovarmi nell’emisfero australe e non su una spiaggia di marina di ravenna si è rivelato all’altezza delle aspettative: un ciclone di coriandoli, bolle di sapone, palloncini colorati.
Gli i’m from barcelona non sono un gruppo importante e non segneranno certo la storia della musica: fra una settimana, dieci giorni, qualche mese forse non esisteranno neppure più. Ma, a vederli sul palco, a ridere e scherzare e tirare coriandoli e sparare bolle di sapone sono tremandemente belli. E sono belli perché normali, studenti, impiegati, commesse, che con la musica giocano e si divertono un mondo. Non esiste un concerto degli i’m from barcelona, esiste una festa con i’m from barcelona, i tuoi segreti amici svedesi. E non esiste neppure un gruppo che si chiama i’m from barcelona, perché tutti una sera possono essere i’m from barcelona: palco e transenne non contano più, basta lanciare palloncini, fare coretti, sorridere e saltare e cantare e il gioco è fatto e diventi uno di loro. Tanto trenta o trentuno o trentadue cambia ben poco.

Sotto, il pavimento dello zenith dopo la fine del concerto.

giovedì 22 novembre 2007

Almost famous #1

(ovverossia il primo di due post arretrati)

Uno dei primi concerti per cui sono andato alla fnac a cercare i biglietti è stato quello degli editors. Non tanto per gli editors in sé, ma perché il programma della serata era fantastico, sembrava una giornata di uno di quei festival che fanno all’estero d'estate: marit bergman, elvis perkins, los campesinos, the noisettes, editors. Era la fine di settembre e la cigale era già tutta esaurita, con quasi due mesi di anticipo.

Domenica sera, a quel concerto, ci sono andato in veste di giornalista, con un pass per giornalista, riservato a mio nome all’ingresso.
Da inizio novembre scrivo recensioni di concerti per un sito internet, questo. Qui trovate quella dei the wombats (di cui non sono granché soddisfatto, nè del concerto nè della recensione) e quella dei the shins (assai migliore). Nei prossimi giorni dovrebbe comparire anche quella degli editors.

lunedì 19 novembre 2007

Stavo per diventare di destra (c'est la grève #3)

Esco dalla biblioteca che sono le sei. Dato che lo sciopero dei mezzi pubblici parigini dopo cinque giorni non accenna ancora a fermarsi non ci penso neanche a tentare di prendere una metro e vado in cerca di una bicicletta. Solo che la mia idea devono averla avuta in molti stasera e biciclette non ce ne sono nel raggio di chilometri. Mi rassegno al fatto che per tornare a casa o cammino (percorso diviso in due tappe, sosta sonno a metà strada, arrivo all'alba a casa) o cerco di prendere una metro (solo all'idea preferisco l'ipotesi numero uno). Io, in rapida successione, maledico la pioggia, infamo il ragazzo che mi ha fregato sotto gli occhi l'ultimo velib di fronte al pantheon, mi chiedo perché non ho un maggiordomo che mi venga a recuperare in elicottero. Insomma, ho lo stomaco vuoto, piove e fa freddo e comincio quasi a delirare. A tal punto che scelgo di tentare la fortuna ed entrare in una stazione della metro.
La stazione della metro di saint michel è, com'era facilmente prevedibile, affollatissima. La linea 4 passa ogni quattro minuti, e fin qui potrebbe anche andare. Solo che la linea quattro è una delle poche linee che funziona in tutta la città (e il verbo funzionare ha un'accezione molto particolare nei giorni di sciopero) e soprattutto va a velocità lumaca, fermandosi dieci minuti in ogni stazione. Passa la prima metro ed è così piena di gente che non ci provo neanche a salire. Passa la seconda e la situazione non migliora. Intanto perfino un barbone, dall'altro lato della stazione, binario che va verso sud, comincia a cantare: avete voluto sarkozy e ora lo prendete nel culo. Alla quinta metro riesco a salire. Stavo per rinunciare anche a questa, poi proprio prima che ripartisse due persone che stavano per morire soffocate scendono e mi infilo io.
Non riesco a capire bene come i francesi vivano questo sciopero senza termine. In italia dopo due giorni sarebbe scattata la caccia al guidatore di metro con successivo linciaggio pubblico. Invece i miei compagni di viaggio sul vagone che mi riporta a casa discutono di politica. Qualcuno fa anche partire il coro "merci metro".

Oggi allo sciopero dei mezzi pubblici si è aggiunto anche quello degli statali. Città ferma e martedì che assomiglia tanto a una domenica.

venerdì 16 novembre 2007

C'est la grève! #2

A una delle prime lezioni del corso di francese organizzato dalla sorbona per gli studenti stranieri la professoressa, spacciandocela per la battuta più divertente del secolo, ci rivelava il significato segreto della sigla ratp, la società che gestisce il trasporto pubblico della regione parigina. Rentres Avec Tes Pieds. A parte la battuta francamente orribile (ma che sembra piacere molto ai francesi), a un povero italiano, abituato a ritardi colossali, autobus stipati di gente, imbottigliamenti mastodontici, cantieri perennemente aperti, sembra inconcepibile come ci si possa lamentare dei trasporti pubblici a parigi. Ok, le metro sono un po' care -un euro e cinquanta ogni corsa- alcuni treni sono un po' claudicanti (probabilmente li hanno acquistati usati da trenitalia e li hanno riverniciati), nelle ore di punta sono affollati, c'è qualche problema con la regolazione del microclima nelle gallerie; ma in massimo mezz'ora ti portano da una parte all'altra dell città, e vi posso assicurare che parigi è un po' più grande di scarperia, e passano, almeno durante il giorno, con una frequenza impressionante. A parigi i mezzi pubblici funzionano così bene che c'è lo stesso traffico che c'è a firenze, con la differenza che firenze ha dieci volte meno abitanti.
Questo scenario idilliaco è stato distrutto nell'ultimo mese da due scioperi, il primo il 18 ottobre e il secondo iniziato martedì scorso e tuttora in svolgimento, proclamati dai sindacati contro l'abolizione dei regimi speciali di pensionamento. Insomma, da martedì niente metro, niente rer, niente autobus. In altre parole, l'apocalisse del trasporto pubblico, anche perché qui non esistono i concetti di "fasce protette" e di "servizio minimo garantito". E, soprattutto, lo sciopero è proclamato per un giorno, ma questo non vuol dire che lo sciopero durerà solo quel giorno. Quel giorno lo sciopero inizia e poi si vedrà per quanto durerà. Nel 1995, per dire, ci sono stati due mesi ininterrotti di sciopero.
Al momento siamo solo al terzo giorno. Ieri sembrava che i sindacati avessero accettato di aprire le trattative con governo e imprese, oggi invece sembrano tutti molto più scettici. Tutto fa pensare che si andrà avanti almeno fino a martedì, quando scioperano pure i dipendenti pubblici e le due proteste si uniranno. Nel frattempo sarkozy ha divorziato dalla moglie e si è alzato lo stipendio del centosettanta per cento e, sempre nel frattempo, sulle strade attorno a parigi ci sono centocinquantasei chilometri di coda. Io mi muovo in bicicletta: sulla pista ciclabile ci sono così tante vélo che sembra di essere a una tappa del tour de france. Solo ogni tanto mi chiedo perché il freddo sia arrivato proprio nella settimana dello sciopero.

Se volete divertirvi su
questo sito trovate il bollettino sulla situazione dei trasporti a parigi. Ogni mezz'ora potete controllare quante (poche) metro passano, se ci sono miglioramenti o peggioramenti. Almeno vi sentite un po' parigini e compatite noi poveri studenti erasmus costretti a pedalare.

giovedì 8 novembre 2007

C'est la grève!

L'autunno è stagione di agitazione e scioperi, anche in terra francese, tanto più che sindacati e associazioni locali non è che apprezzino più di tanto l'operato del governo sarkozy in materia economica e sociale. Si è iniziato a ottobre con le manifestazioni contro la nuova legge sull'immigrazione, che prevede test del dna sugli immigrati che intendono entrare e restare in francia regolarmente per i ricongiungimenti familiari. Una legge e un concetto -"immagration choisie"- di cui perfino un italiano, abituato a ben altro, riesce a stupirsi. Si è proseguito con lo sciopero dei sindacati della ratp, la società che gestisce i trasporti pubblici francesi, contro la riforma del sistema pensionistico. Considerate un paio di cose: in francia non esiste un servizio minimo garantito e neppure fasce protette; una città come parigi senza metro, autobus, rer è assolutamente paralizzata; lo sciopero è proclamato per un giorno e poi continua non si sa per quanto, l'ultima volta sono stati quattro giorni. Nei prossimi giorni, altro sciopero dei trasporti e poi il venti sciopero di tutti i dipendenti pubblici.
E in tutto questo gli studenti potevano forse restare con le mani in mano? Mercoledì scorso primi scioperi a tolbiac, uno dei punti della città dove sono dislocate le lezioni della mia facoltà, picchetti e blocco delle lezioni. C'è un'assemblea a cui partecipano milleduecento studenti e si vota per la continuazione dello sciopero senza termine. Il preside della facoltà, a questo punto, per fermare la protesta decide la chiusura della facoltà: se non ci sono corsi è impossibile impedirne lo svoglimento. Gli studenti venerdì vanno al centre panthèon, altro luogo della città dove si svolgono le lezioni della sorbona e dove io frequento i miei corsi. Sono una sessantina, facciamo sessantuno perché a questo punto ci sono anche io in mezzo, e vogliono parlare con il preside. Aspettano, tutti e sessantuno, sulle scale della presidenza; il problema è che il preside non c'è. Allora decidono che aspetteranno il preside lì: la facoltà, venerdì sera, è occupata. Sabato alle prime luci del giorno arriva la polizia e porta tutti fuori. Nel frattempo, torniamo all'altro luogo di svolgimento dei corsi, tolbiac, la facoltà è ancora chiusa. Il preside sa che non appena la riaprirà sarà di nuovo sciopero e picchetti. Convoca una delegazioni di studenti, ma niente accordo: la facoltà è riaperta oggi e subito c'è stato blocco dei corsi. All'una un'assemblea di circa mille studenti ha votato l'occupazione e la prosecuzione dello sciopero fino almeno a martedì tredici. Nel pomeriggio la force publique ha sgomberato, di nuovo, la facoltà.

Aggiornamenti sull'evoluzione della situazione nei prossimi giorni.

sabato 3 novembre 2007

November rain

Inizia novembre, e novembre è stato ufficialmente eletto il mese del concerto. Iniziato giovedì con i the wombats alla maroquinerie, si prosegue nelle prossime settimane con the shins, bloc party+i'm from barcelona, okkervil river, voxtrot, mùm+seabear. A cui potrebbero aggiungersi (se nelle prossime settimane trovassi di fronte a casa qualche centinaia di euro) voxtrot, chemical brothers, klaxons+justice, josh ritter, rufus wainwright, herman dune. E ai quali non si aggiungeranno !!!, pj harvey e josé gonzalez causa sold out in prevendita.
Del concerto di giovedì sera dovrebbe ben presto comparire una mia recensione su un sito internet, ma presto avrete notizie. Intanto è due giorni che io e mio fratello continuiamo a discuterne, lui con toni entusiastici e io un po' meno.

Ah, josé gonzalez è quello che canta questa canzone. E quando giovedì sono entrato alla maroquinerie la terza o quarta cosa che ho pensato è stato che il suo concerto in un posto così piccolo sarebbe stato fantastico. Venerdì sono andato alla fnac e non c'erano più biglietti.