domenica 30 settembre 2007

Sunday morning

E' divertente salire di corsa, spavaldo e baldanzoso, sull'autobus notturno 14, quello che mi riporta a casa, ormai esperto conoscitore delle linee notturne parigine e rendersi conto dopo due fermate che si è clamorosamente sbagliato direzione.
E' divertente salire poi sull'autobus giusto e trovarlo invaso di palloncini colorati.
E' divertente uscire di casa, la domenica mattina, e sentire dal pianerottolo che quelli sotto di te ascoltano i clash a tutto volume.
E' divertente uscire di casa la domenica mattina, una domenica mattina in cui il sole è tornato a ricordarsi di parigi, e trovare il quartiere invaso di boccali di birra e irlandesi in attesa della partita di rugby.

venerdì 28 settembre 2007

Mattina

A parigi fa un freddo che pela. Pensare che a quest'ora avrei potuto benissimo essere a uppsala, svezia...
Ho un livido gigante su un ginocchio, che mi sono fatto sbattendo sul tavolino di legno del salotto. ...mmm -ora che ci penso- salotto è una parola un po' grossa. Facciamo "salotto".
Ho l'orario delle lezioni che cominciano martedì. Diritto internazionale pubblico e diritto del commercio internazionale. E la facoltà (anzi, la fac) è a cento metri dai giardini del lussemburgo e a cinquanta dal pantheon e dalle tombe di rousseau, voltaire, zola. Niente male per chi è abituato ai grigi grattacieli della periferia fiorentina.

martedì 25 settembre 2007

La svolta

Dopo tre quarti d'ora a camminare, alle tre di notte, per tornare a casa, abbiamo capito che la svolta si chiama vélo. Anzi vélib, il sistema di biciclette pubbliche parigine, che qua hanno grande successo e usano tutti. Per tutta la città, ogni trecento metri, ci sono delle rastrelliere. Con una tessera, che costa ventinove euri per un anno, si può prendere una di queste biciclette e utilizzarla per mezz'ora, senza pagare niente. Se si usa per più tempo si paga un euro per ogni mezz'ora successiva. Arrivati a destinazione si lascia a un'altra rastrelliera pubblica (c'è una piantina, come per la metro, dove sono segnalate tutte) e per tornare se ne prende un'altra da dove ci pare. Ché se tipo ci si trova al pont neuf e poi si va a passare serata a belleville, si va in bicicletta fino alla senna. Si lascia la bicicletta lì, si va in metro a belleville, e poi da belleville, quando è tardi e non ci sono più metro, con un'altra bicicletta pubblica, si torna a casa.
Non vedo l'ora che arrivi a casa la tessera e di fare le prime pedalate parigine. Che non c'è cosa più bella di girare per una città in bicicletta.


[da rk22.com, di artmobbing]
Metà giugno 2007: dopo una lunga serie di polemiche sui tempi di lavoro, la Decaux, colosso francese che fa arredamento industriale per la metà e più delle capitali europee, ha lavorato giorno e notte portando quasi a termine il progetto più ambizioso d’Europa per lo sviluppo della mobilità in velocipede: Parigi si dota di un parco pubblico di bici sull’esempio della piccola Lione.
Si chiama velib’, bici e libertà: si compra una scheda magnetica annuale, giornaliera o settimanale ad un cifra quasi irrisoria e si può usufruire delle bici pubbliche, gratuite per la prima mezz’ora di utilizzo, a pagamento per le ore successive.
Le cifre fanno impressione: i detentori della carta potranno scegliere fra
1451 distributori automatici che daranno la possibilità di depositare e ritirare liberamente oltre 21.000 biciclette. Ed il comune è pronto a replicare, se il progetto dovesse avere il successo sperato. E l’aria è quella della riuscita, preparata negli anni passati con una seria politica di promozione e diffusione della bicicletta come mezzo ecologico, sano, pratico. Sommando seccamente il numero delle nuove bici pubbliche a chi la bici la usa già a Parigi arriveremo a quasi centomila ciclisti attivi sulla città. Il coraggio delle scelte di mobilità del sindaco Delanoe sembra un sogno per chi è abituato all’italico savoir faire. Nel giro di cinque anni la vecchia rete parigina di piste ciclabili è infatti raddoppiata ed attualmente vanta 320km di percorso fra intramuros e “proche banlieu”.
Il che è frutto di una serissima strategia di analisi del traffico che ha visto nei mesi passati centinaia di stazioni piazzate nelle vie principali come in quelle più secondarie, per comprendere l’andamento del flusso dei veicoli per le strade ed adottare una cartografia idonea delle stazioni di distribuzione delle bici pubbliche, ma anche dei parcheggi per bici private.
Non ci si è arrestati di fronte a nulla:
né al disagio procurato prima e dopo agli automobilisti (prima per il lavori, dopo per la riduzione drastica di alcune arterie di scorrimento e la loro chiusura settimanale), né agli svantaggi per la società di trasporti pubblici RATP. Con un messaggio chiaro per tutti: nella città moderna, nella città del futuro l’automobile deve sparire. Una possibilità che nella capitale francese si avvicina, favorita anche dal potenziamento della già potente rete di trasporto metropolitano e l’allestimento di una circolare di Tram che segue la linea esterna del peripherique (il GRA di Parigi).
A Roma le piste ciclabili raggiungono ufficialmente la lunghezza di 150km, contando però anche gli itinerari verdi e gli argini del tevere, quelli cioé “non-realizzati” giacché un parco è già una spianata ciclabile e gli argini del tevere lo sono in sé.
La formula di Delanoe è semplice e fa appello ad un sentimento che i nostri amministratori hanno messo da parte da tempo:
il coraggio. Un coraggio che punta tutto sull’intervento diretto sul tessuto urbano. Coraggio di non arrestarsi di fronte agli interessi delle categorie dei privilegiati come accade a Roma con i tassisti o con la mafia delle fasce blu. Coraggio di togliere asfalto ai pneumatici motorizzati per riconsegnarlo all’energia fisica. Coraggio insomma di stringere le strade, occupare le corsie preferenziali, costruire vie ciclabili nel senso contrario di marcia, segnalare con pannelli e semafori le svolte e le vie preferienzali per le due ruote. Coraggio di investire per il pubblico senza pensare a priori ai ricavi (e a chi li avrà).
Amsterdam, capitale della bici con i suoi ottocentomila abitanti, lascia insomma il posto a Parigi, prima megalopoli europea “ad alta ciclabilità“.

domenica 23 settembre 2007

Saturday night

[19 arr., metro alexandre dumas, nei pressi del cimitero di pere lachaise. Ore 23, all'entrata di un locale "indie" con musica dal vivo di cui tutti, amici, conoscenti, lonely planet, parlano benissimo. Il locale da fuori sembra carino, si sente la musica che viene da dentro e c'è un sacco di gente, tutti francesi, che entra. Prima di mezzanotte si entra gratis. All'entrata due buttafuori di nero vestiti, impettiti, un metro e quaranta per tre (altezza-larghezza). Ah, il locale si chiama la fleche d'or]

[tra di loro, in cerchio, in italiano. Leggermente brilli, pieni di entusiasmo, gioventù e risate]
Noi: Dai, proviamo ad entrare.
[Si avvicinano alla porta e ai buttafuori. Dialogo in francese]
Noi: buonasera
Buttafuori bassi e grassi: (con tono fascista) quanti siete?
Noi: in quattro
Buttafuori: (con tono sempre più fascista) quante ragazze?
Noi: una...
Buttafuori: non potete entrare.
Noi: perchè?
B: (con tono che in confronto mussolini è dell'udeur) perché ho detto di no.
Noi: fra un po' ci raggiungono altre due ragazze, quindi ci fai entrare?
B: Ho deciso di no. Non vi conosco.
Noi: Bè, è la prima volta che veniamo. Ci fai entrare stasera e cominci a conoscerci.
B: (sempre più impettito, sprezzante) No. Oramai vi ho rifiutato.
Noi: (tra loro. Pensando in italiano gli insulti più potenti che la mente umana possa concepire e con grosse difficoltà a tradurre quelle infamate in parole francesi. Impossibilitati per motivi linguistici a denunciare ai quattro venti di quale ingiustizia siano stati vittime.) Che pezzo di
merda.

giovedì 20 settembre 2007

Turismo per caso

Il jardin du luxembourg assomiglia molto al giardino di boboli a firenze. Ci sono statue, fontane, giochi d'acqua, prati pieni di fiori e curatissimi, e tutti e due erano i giardini dei palazzi dei signori della città: maria de' medici, quando sposa un re francese, fa costruire il jardin du luxembourg proprio perché, qui a parigi, sente nostalgia di palazzo pitti.
A boboli, però, non ci va nessuno, soltanto turisti e studenti che di mattina dovrebbero trovarsi nei pressi di una qualche aula scolastica. Appena compare un po' di sole, invece, il jardin du luxembourg si riempie di gente. Che viene per stare un po' all'aria aperta, per fare due chiacchere, per leggere e rilassarsi. Si entra gratis, è aperto fino alle nove di sera, ci si può mangiare, ci sono delle sedie che uno può prendere e sistemare dove preferisce. E nei finesettimana i bambini possono noleggiare dei modellini di barca a vela, da spingere con un bastone e da fare andare da un lato all'altro della fontana. Ed è pieno di queste barche colorate che galleggiano. E' strano, perché se ci pensi è un gioco assolutamente fuori dal tempo, spingere con un bastone delle piccole barche a vela in una fontana. La prima volta che sono stato a parigi anche io ho giocato con quelle barche. Avrò avuto dieci o undici anni e questo, io e mio fratello seduti ai bordi del laghetto, a spingere la nostra barca colorata, è uno dei primi ricordi che ho di questa città.


Le rhume

Con un giorno in anticipo rispetto all'inizio dell'autunno è arrivato il primo raffreddore. Le condizioni meteo non aiutano: se c'è il sole fa caldo, ogni dieci minuti, però, il sole è coperto dalla nuvole e si alza il vento, e allora fa freddo. Dopo altri dieci minuti le nuvole se ne vanno e torna il sole. E poi in metropolitana fa troppo caldo, sia che fuori ci sia il sole, sia le nuvole, sia la pioggia. Temo ci si debba preparare a un autunno-inverno di nasi tappati, mal di gola, occhi gonfi e fazzoletti. Ecchecazzo.

mercoledì 19 settembre 2007

Our life is not a movie or maybe

In questi primi giorni parigini non sto ascoltando tanta musica. Sto pochissimo a casa, e quando sono fuori mi piace origliare le conversazioni in francese di chi incontro per strada e in metropolitana. C'è però un disco che sto davvero consumando e di cui almeno una volta al giorno qualche canzone ascolto. Il disco si chiama the stage names e il gruppo okkervil river. Vengono dal texas e questo è il loro quarto album. Canzoni folk-rock colte e melodiche, con le loro strofe e i ritornelli, con gli archi, gli xilofoni e i fiati e le mani che segnano il tempo. Una specie di incrocio tra bright eyes e arcade fire. Di cui al momento non si riesce a fare a meno. Prendi unless it's kicks e la progressione di accordi con cui si chiude, prendi savannah smiles per ascoltarla prima di addormentarti, prendi a hand to take old of the scene per girare in una città nuova alla ricerca di un giardino dove sedersi su una panchina e mangiare, quando il cielo è azzurro e l'aria fresca.

Gli okkervil river suonano a parigi il 13 novembre e io ho già il biglietto. La tappa successiva del tour, indovina un po', è firenze, il 15 novembre... Insomma, G e A, fossi in voi, non me li farei sfuggire. Qui si ascolta tutto il disco.

lunedì 17 settembre 2007

Mentre fuori piove

La domenica la si è passata a pulire e sistemare casa. Abbiamo spostato i mobili in camera mia, abbiamo spolverato, abbiamo allontanato dal nostro campo di azione domestica gli oggetti più kitsch. Abbiamo preso a calci un'aspirapolvere risalente alla grande guerra e portato in cantina un mobile che non ci serviva e un portariviste. (ricordo che la nostra casa è al quinto piano, che non c'è ascensore e che la cantina spaventerebbe anche dario argento. in altre parole, l'operazione non è stata propriamente agevole). Abbiamo aggiunto due sgabelli, delle tovagliette per mangiare, delle scatole colorate.
La casa, insomma, acquista personalità e diventa sempre più nostra. E io sono decisamente soddisfatto.

domenica 16 settembre 2007

The fuckin' stooges

Al primo concerto dell’anno parigino si finisce quasi per caso. Festa de l’humanité, il giornale del partito comunista francese, periferia nord est della città. Un incrocio tra un luna park e una giga-festa dell’unità. Con migliaia di persone in più rispetto a una comune festa dell’unità, ma senza piadina, cappelletti al ragù e sangiovese. In compenso mangiamo un ottimo dolce arabo al miele e alle mandorle e beviamo un bicchiere di tè alla menta. Camminiamo per mezz’ora, perché la festa è veramente enorme e perché è strapiena di gente. Sotto il palco principale ci saranno a occhio cinquantamila persone. Sul palco invece c'è un signore anzianotto, con i capelli lunghi e biondi, senza maglietta, con i jeans strettissimi. Pieno di grinze e cicatrici. Che salta come un ossesso e sbatte il microfono su qualunque oggetto capiti a tiro sul palco, che in confronto pete doherty è uno tranquillo. Dai, su, insomma, iggy pop and the stooges. Arriviamo per l'ultima mezz'ora di concerto, giusto in tempo per i wanna be your dog. Iggy scende dal palco, prende due ragazze dalla prima fila, le porta sul palco e si mette a quattro zampe a fare il cane di fronte a loro che ballano.

Il concerto finisce e noi ci buttiamo a ballare sotto una tenda, dove imperversano raffaella carrà francese, dance anni '70, balli di gruppo e musica country. Ci sono dei ragazzi con un cartello con scritto calins gratuites e allora ci lasciamo andare anche noi ad abbracci universali.

sabato 15 settembre 2007

Un post disordinato

(perché questi sono giorni disordinati. E "disordinati" è un eufemismo)

Di come si dorma male su un cuscino francese. Di come si apra un conto corrente in francia, e di come ci si iscriva all'università, in francia. Di ricevere il primo sms in francese. Di sentire la mancanza di un po' di persone. Di correre da una parte all'altra della città. Di come a momenti di frenesia assoluta si alternino momenti in cui tutto il tempo è per te e devi solo scegliere cosa fare. Di come a parigi, i primi giorni, non sia assolutamente facile scegliere cosa fare. Di come si possa sbagliare a iscriversi a un corso di lingua su internet. Di come comprare il primo biglietto per un concerto a parigi (bloc party+i'm from barcelona) e di rendersi conto che stare al passo con tutti i concerti che ci sono sia pressoché impossibile. Di come la polvere mi costringerà a passare la domenica a pulire casa, con conseguente perdita di inter-catania all'inter club paris. Di come domenica, oltre alla pulizia, toccherà anche dedicarsi all'arredamente e allo spostamento di mobili (percorso quinto piano-cantina). Di come una baguette si possa trasformare in una mazza da baseball e una bottiglia di gin e una di limonata in sei lattine di birra. Di come la sera faccia freddo lungo la senna. Di quanto sia bello e rilassante il jardin du luxembourg. Di les inrockuptibles. Della scheda per il cellulare francese. Della ragazza francese, che è stata a studiare in germania, e ha detto che andare a studiare all'estero è un po' come cominciare una nuova vita. Di come spiegare al tuo padrone di casa che la tavoletta del cesso è mobile e forse sarebbe meglio farla fissare in qualche modo.

Wake up!

(ovverossia, un po' di tempo per iniziare il nuovo blog, ovverossia ci sono un po' di arretrati da smaltire)

Il viaggio inizia all'aereoporto di firenze, gate 3, ascoltando gli arcade fire e leggendo peanuts. Sorrido come uno scemo di fronte agli altri passeggeri del mio volo.
Gli ultimi saluti, gli ultimi abbracci e baci e pacche sulle spalle e auguri sono stati i più difficili e hanno lasciato come una specie di bolla vuota sopra lo stomaco. Però, le chiacchere con il mio vicino di posto sull'aereo che sta andando in messico per il battesimo di suo figlio, un articolo sulla namibia sul giornale dell'air france (qui ci sono le foto per chi non le avesse ancora viste) e uno splendido croissant burro e salmone cominciano a riempirla, questa bolla. Ah, il numero di peanuts che sto leggendo si intitola la vita è sogno, charlie brown.
Si comincia.