lunedì 29 ottobre 2007

Mézzo

Leggere QUESTO e QUESTO e sapere che quella è un po' anche la tua città, quelli sono posti che vedi quasi tutti i giorni, sono colori e strade e persone e appuntamenti e linee di metro, e tutto è così nitido e reale, fa stare bene. Anche quando piove ininterrottamente da stamattina e oggi hai preso tanta tanta acqua, ti sei asciugato i capelli sotto l'asciugatore per le mani del bagno della biblioteca e ti sei chiesto, mentre cercavi riparo nell'atrio di un mcdonald, perché stamattina ti è venuta in mente quella strana idea di alzarti quando potevi startene sotto il tuo piumone. E soprattutto perchè, perchè cazzo, perdi tutti gli ombrelli che ti capitano tra le mani.

domenica 28 ottobre 2007

Gastronomia d'oltralpe

Tra le prelibatezze offerte della cucina francese, gustate fino a questo momento peraltro solo in parte (tra la locuzione prelibatezze-cucina-francese e la locuzione ristorante-universitario-port-royal c’è lo stesso rapporto che c’è tra il clima di capo verde e quello di parigi), possiamo dire di esserci fatti una cultura notevole in materia formaggi. Se infatti quando si tratta di scegliere un vino l’occhio cade direttamente sul prezzo e mai sull’etichetta (con risultati peraltro spesso infausti), quando siamo di fronte al reparto dei formaggi del supermercato liberiamo tutta la nostra fantasia e creatività di studenti erasmus in terra francese. Anche perché, miracolosamente, i formaggi rientrano in quella categoria di truc (cose, per i profani e per chi legge il blog saltuariamente. per voi, lettori saltuari, questo è il link all’imprescindibile prima puntata del vocabolario di francese dello studente erasmus) che hanno un prezzo ragionevole. Categoria che, peraltro, qui a parigi, è assai ristretta.
Partendo dall’assioma per cui la bontà del formaggio è direttamente proporzionale alla sua puzza il premio “formaggio più buono” è conquistato dal bricque. Bricque marca president, per essere precisi (magari lo trovate anche in qualche scaffale di supermercato italiano. se lo trovate consiglio caldamente l'acquisto), che spalmato sulla baguette viene abbondantemente consumato nel nostro appartamento parigino. Vi starete chiedendo: ma che differenza c’è tra il bricque e il ben più noto e comune brie? Ebbene, al momento non siamo in grado di fornire una risposta soddisfacente al quesito. Sono in corso studi di genetica applicata ai formaggi per cogliere la differenza, sempre ammesso che esista, una differenza. In ogni caso potete dormire sogni tranquilli: sarete tenuti al corrente di qualunque tipo di scoperta.
Al secondo posto, ma in salita nella nostra personale classifica, il camembert. L’abbiamo scoperto da poco, quasi per caso. In realtà, è stato lui a trovarci, in un supermercato di montmartre, quando ci siamo accorti che avevamo lasciato a casa i nostri doni alimentari in occasione dell’inaugurazione di casa di compagni erasmus. Non potevamo certo presentarci a mani vuote e in questi casi un pezzo di formaggio viene sempre in aiuto. Alla festa è stato molto apprezzato, soprattutto da noi che lo avevamo portato, e da quella sera un posto nel nostro cuore e nel nostro frigorifero se l’è meritatamente conquistato.
Al terzo posto, medaglia di bronzo, gradino più basso del podio, i formaggi di capra. Categoria generale, perché cambia la marca, cambia la forma (cilindro lungo e stretto o cilindro basso e largo), cambia la confezione e il colore, ma il sapore più o meno è sempre il solito.
Grazie a questi celebri prodotti della terra francese sentiamo meno la nostalgia di parmigiano e pecorino, che qua sono assolutamente introvabili. Anzi, trovare li trovi anche, il problema è che costano un fuoco.
Quindi ben vengano i formaggi francesi. Per adesso, rispettando la rigida gerarchia imposta dalle nostre finanze, siamo fermi al livello “supermercato sotto casa”, ma col nuovo mese e i nuovi soldi cominceremo la nostra scalata sociale nell’universo formaggio, con l’ingresso ufficiale ne la maison du fromage. Ci saranno nuove scoperte e la classifica attuale sarà stravolta.

venerdì 26 ottobre 2007

Dissert'

L’assenza della scrittura sul blog per qualche giorno è giustificata da un’intensa attività di scrittura sul fronte universitario. La settimana, segnata dallo sciopero dei mezzi pubblici che per quattro giorni ha notevolmente aumentato il tasso di incertezza e di suspence delle nostre giornate tra linee di metro chiuse, linee aperte, linee interrotte, linee aperte e poi chiuse, linee aperte ma troppo rare e troppo affollate, e dall’arrivo del freddo, è stata consacrata alla stesura della mia prima dissertazione.
In francia ci sono tre ore settimanali di corso ordinario a cui si aggiunge, per certi corsi, un’ora e mezza di travaux dirigés. Una specie di seminari, diretti da dottorandi, dove si è tra i venti e i trenta e si fa esattamente quello che si faceva al liceo. L’assistente che conduce il td fa la sua lezione e poi fa domande, interrogazioni, compiti in classe a sorpresa e non. La gente alza la mano per intervenire e, soprattutto, ci sono da fare i compiti per casa, che evocano campanelle di fine dell’ora, incontri sulle scale, intervalli e merende a metà mattina. Questa settimana, appunto, è toccato leggere un centinaio di fotocopie e scrivere questa dissertation, una specie di tema che però deve rispettare forme molto precise e rigide. Che, a quello che ho capito, puoi anche riempirla di stronzate, l’importante è che tu rispetti la forma.
Ora, io non so come sia venuta la mia dissertazione, se ho rispettato la traccia e tutti i consigli che la bambina con i capelli rossi mi ha dato. (e tra l'altro io l'ho scritta per intero e invece ho scoperto -quantomeno la mia comprensione del francese migliora di settimana in settimana- che bisognava scrivere solo l'introduzione e per il resto era sufficiente uno schema). E non so neppure con quanti errori di grammatica possa averla arricchita. Però credo che questi travaux dirigés siano piuttosto utili, c’è molta interazione, si possono approfondire alcuni temi interessanti. E poi è come se avessi la tua classe, invece che quei giga-anfiteatri da trecento persone. Si studia, si legge, si passano i pomeriggi in biblioteca a scrivere, ma tutto sommato è quasi un piacere questo “lavoro”.

E, insomma, se a feste, cene, compleanni, inaugurazioni di case, lezioni alla facoltà, aggiungi anche lo studio il tempo diventa sempre più corto e sembra non bastare mai. Nel frattempo le ore di sonno piano piano diminuiscono. E oggi un tutto esaurito mi ha salvato dallo spendere cinquantadue euretti per la seconda e ultima data europea di pj harvey.

sabato 20 ottobre 2007

Che tempo fa

20 ottobre 2007 parigi, minima: 3; massima: 12
21 ottobre 2007 parigi, minima: 0; massima: 10

intanto gli inglesi aspettano la finale dei mondiali di rugby di stasera in thsirt e infradito e io passo il mio primo sabato pomeriggio (e anche la domenica) a casa a studiare.

giovedì 18 ottobre 2007

Eccheccazzo #2

Ma a parigi non è che succedano solo cose belle e divertenti. Parigi è una grande città e, come tutte le grandi città, nasconde insidie, pericoli, incontri spiacevoli di vario genere.

Succede che è domenica pomeriggio e io cammino senza mèta per le strade ancora inesplorate del nono arrondissement di parigi. Passo di fronte alle galérie la fayette, passo di fronte all'opéra, passo di fronte a una sinagoga dove è appena finito un matrimonio, incrocio una manifestazione oceanica di gente sui pattini. A un certo punto mi trovo di fronte il teatro dell’olympia, più esattamente l’ingresso artisti del teatro. Mentre mi avvicino vedo che di fronte a questo ingresso ci sono una quindicina di persone in attesa, più o meno signore sulla cinquantina. Mi avvicino sempre di più e capisco che aspettano qualcuno. Sono a venti metri e capisco che sono tutte italiane immigrate, urlano tra loro in dialetto e hanno i capelli tinti di rosso. Sono a dieci metri, ora aspetto che passino alcune macchine per attraversare la strada. Una di queste macchine è una mercedes nera, con i vetri oscurati, e si ferma proprio di fronte al teatro. Aspetto ancora un po’ per attraversare la strada. Si apre uno sportello della mercedes e mi trovo di fronte a una sconcertante realtà: dalla macchina scende gigi d’alessio. Con occhiale scuro, giacca scura e camicia bianca si infila nel teatro ignorando bellamente quella manciata di cinquantenni che lo stava aspettando per una foto e due autografi. Io indosso la faccia più schifata che possa uscirmi e attraverso la strada. Gigi d’alessio all’olympia, quell’olympia di jeff buckley live à l’olympia, per intenderci. Blasfemo.

lunedì 15 ottobre 2007

Heima



". . . Sigur Ros have reinvented the rock film". * * * * * Q
"There is no actual narrative or plot in the film, in fact it’s like going to a Sigur Ros concert. It’s an experience, a beautiful, poetic and intense experience that captures the audience and keeps them focused on the subject.... The film is an ode to Iceland, its nature and its people and their children." (da twitchfilm.net)
"Visually, Heima is stupidly gorgeous... And while most music documentaries-- tour documentaries, especially-- feel contrived or inconsequential, Heima is a stunning record of an extraordinary endeavor: Don't be surprised if you stumble out of t
he theater with tear-striped cheeks, dreaming of rotten shark and glaciers" (da pitchforkmedia.com)
"So beautiful it's hypnotic". * * * * Empire.

"Top 10 concert films ever". Observer.

Ieri l’ho visto, in una proiezione speciale e a sorpresa per una cinquantina di invitati, preceduta da un piccolo concerto acustico (più o meno era come avere i sigur ròs in salotto).
Diciamo che se non siete mai stati molto a nord (islanda, norvegia, svezia, finlandia, far oer, svalbard… scegliete voi) e non desiderate neppure troppo andarci, se non vi piacciono i paesaggi nordici, se non trovate affascinanti la pesantezza di una nebbia che avvolge la città e piccoli paesi dove vivono non più di quaranta persone isolate da tutto e da tutti, se non avete mai guardato il mare e pensato che dietro l’orizzonte c’è ghiaccio ghiaccio e solo ghiaccio, se non siete rimasti incantati a guardare i video delle canzoni dei sigur ròs, se quelle canzoni non le avete ascoltate tante volte, lo troverete terribilmente noioso (anche perché dura 97minuti). Secondo me, invece, è meraviglioso, pieno di bellissima musica, bellissime facce, bellissimi posti, bellissima fotografia e bellissimi particolari.

domenica 14 ottobre 2007

Aux armes citoyens

[oggi ci sono le primarie del partito democratico. a parigi non è che arrivino molte notizie di politica italiana e tanto meno noi ce le andiamo a cercare. però capita che ci troviamo a parlare di politica e di queste elezioni. io non sono andato a votare: per un secondo ho pensato che sarei potuto andare in cerca del seggio parigino. ma solo per un secondo. girovagando su internet, però, ho trovato in tema primarie questo articolo (via inkiostro), che secondo me pone questioni interessanti.]

Sabato sera va così. Ci troviamo alle 18e30, fermata della metro poissonniere, per andare a fare la spesa per il nostro picnic. Siamo due italiani, una ragazza inglese, uno spagnolo, compriamo tre baguettes, nutella, vino e birra, patatine. Poi di nuovo in metro, appuntamento con altri due italiani in zona champ de mars, i giardini che collegano tour eiffel e école militaire. Sono le sette e un quarto e i giardini sono già pieni di gente che mangia e beve, aspettando l'inizio della semifinale dei mondiali di rugby. C'è uno schermo gigante appena davanti alla torre e poi ci sono altri quattro schermi messi via via più lontani, perché tutti possano quantomeno provare a vedere quello che succede. Io, mentre inzuppo la baguette nel barattolo di nutella causa assenza di coltelli, penso che non sia affatto male stare di fronte a quella torre illuminata mezza di verde e mezza di giallo con una palla da rugby in mezzo, a bere vino e a inzuppare baguette nel vasetto di nutella, a ridere e a parlare un po' francese, un po' inglese, un po' italiano. Arrivano altri tre amici inglesi e arrivano altre migliaia di francesi. Più che l'attesa per una partita sembra l'attesa per un concerto rock, con tantissima gente. E mentre mangiamo baguette e nutella, beviamo vino e birra, ci facciamo insegnare le parole dell'inno inglese e poi ripassiamo la marsigliese. Qualcuno si fa pure spiegare le regole base del rugby. Poi arrivano le nove e comincia la partita. C'est bizarre pensare che circa quindici mesi fa, una sera di luglio, ero seduto nel bagagliaio aperto e con le gambe di fuori di una panda verde con un numero indefinito di persone dentro, in giro per i viali di firenze strapieni di gente, di clacson e bandiere, e ora sono a cantare aux armes citoyens!/formez vos bataillons! sotto la torre eiffel per la semifinale dei mondiali di rugby francia-inghilterra.

La francia perde, qualcuno piange, qualcuno commenta con un c'est pas grave, noi con qualche difficoltà raggiungiamo montmartre. Prima fuori di un pub (da dove ci cacciano perché è tardi e non si può più stare fuori con i bicchieri in mano), poi fuori da una casa dove è in corso una festa di carnevale anticipato di teenager francesi (da dove ci cacciano perché è una festa privata e non ci vogliono), poi seduti sul marciapiede all'angolo tra due strade, assieme a degli spagnoli, armati di calimocho (a loro piace tanto: vino rosso e coca cola) e chitarra, a cantare gli evergreen di una generazione: wonderwall, redemption song, time of your life, wish you were here.

venerdì 12 ottobre 2007

Vocabolario #1

Oramai trascorso il primo mese a parigi mi sembra opportuno fermarsi un attimo e fare il punto linguistico di questa esperienza, inaugurando una rubrica che spero di poter arricchire di mese in mese: il dizionario dello studente erasmus.

-truc: può voler dire più o meno tutto, traducibile con “cosa/coso”. La totale assenza di significato preciso di queste quattro lettere ne rende particolarmente difficile l’utilizzazione da parte del non francese, che non riesce a comprendere come con una sola parola si possa indicare qualunque tipo di oggetto. Credo che per almeno un mese uno straniero potrebbe sopravvivere dignitosamente usando solo truc.
-c’est bizarre: assieme a c’est pas grave (vedi sotto), l’espressione che può aprire moltissime porte (tranne quelle della fleche d’or quando il buttafuori fascista ha deciso che non vi farà entrare). Da usare sempre, anche quando apparentemente non c’entra niente. I francesi apprezzeranno molto. Un c’est bizarre non sfigura mai, come il prezzemolo.
-joint : canna/spinello. Prestare particolare attenzione alla pronuncia, con l’accento sulla i: joìnt. Frequente l’espressione fais tourner le joint pronunciata ad alta voce negli autobus notturni della capitale francese, quando comincia a levarsi da qualche sedile neppure troppo nascosto un inconfondibile odore di cannabis in combustione.
-il n’y a pas de quoi : si vocifera in ambienti studenteschi che rispondere con naturalezza il n’y a pas de quoi, non c’è di che, a chi vi dice merci segni il raggiungimento del perfetto ambientamento in mezzo al popolo francese. Diventate uno di loro, e perfino il trasporto della baguette sotto l’ascella non causerà più alcun tipo di imbarazzo.
-connard/merde/putain: volgarità varie, di cui il significato mi sembra piuttosto evidente, molto usate nello slang, assolutamente incomprensibile, della gioventù parigina. Che, per facilitare la comprensione da parte del giovane straniero, comunica di frequente invertendo le lettere delle parole. Sembra un’immane puttanata, invece è tutto vero.
-c’est pas grave: l’espressione regina, quella in assoluto più ricorrente in tutte le conversazioni in francese. Traducibile con “niente di grave” o, meglio, con un meno formale e più giovanile “tranqui” o “blando” si adatta più o meno a tutti i contesti. Dalla risposta a qualcuno che ringrazia alle prime parole da pronunciare, sofferenti, in un campo da calcetto, dopo una tremenda pallonata nelle palle.

giovedì 11 ottobre 2007

In rainbows

Ieri è stata la giornata del fanatismo radiohead. Prima cosa fatta, appena alzato, è stato scaricare il nuovo disco, così che fosse pronto sull'ipod per il percorso casa-gare du nord-luxembourg-faculté de droit. E, uscendo di casa, ero contento di sapere di essere uno dei primi ad ascoltare il nuovo disco dei radiohead. Un po', diciamo un novanta per cento, perché i radiohead sono uno dei miei gruppi preferiti, un po', l'altro dieci per cento, perché mi sentivo parte di un esperimento mediatico inedito e -chissà- "rivoluzionario". Non vendere il disco nei negozi ma solo su internet l'avevano già fatto in tanti, ma lasciare scegliere quanto pagarlo al pubblico non l'aveva mai fatto nessuno.
Io, che avrei tanto voluto e tanto vorrei la confezione speciale da 40 sterline, l'ho pagato due sterline. Le finanze dello studente erasmus sono quelle che sono, soprattutto a parigi, e tra l'altro credo che a thom yorke e gli altri non interessi granché se siano dieci pens o dieci sterline. Quello che conta credo sia il significato dell'operazione, da parte di chi ha creato queste dieci canzoni e da parte di chi ne fruisce. Perché dovrei scaricare da soulseek o da emule il nuovo disco della mia band preferita quando posso averlo legalmente, scegliendo io quanto pagarlo e dimostrando, in un certo senso e in rapporto alle mie finanze di studente erasmus pieno di progetti assai dispendiosi, la mia totale stima-ammirazione-amore al gruppo più importante degli ultimi vent'anni di musica?

In un giorno sono state comprate e scaricate quattro milioni cinquecentomila copie. E il disco è bello, molto bello. Per il parametro gruppi normali direi sia un disco fantastico, per il paramentro radiohead devo ancora ascoltarlo qualche volta prima di esprimere un giudizio.

lunedì 8 ottobre 2007

Della nuit blanche

Dovrei scrivere un post sulla nuit blanche. Ma la nostra notte bianca, iniziata alle otto e mezzo ascoltando la marsigliese prima della partita di rugby in un ristorante libanese e finita alle sei di mattina dopo chilometri di camminata, litri di vino, minuti di attesa della metro, è talmente piena di cose che non saprei proprio da dove cominciare. Dalla ragazza belga che da sola si scola una bottiglia di vino rosso e ci lascia una bottiglia di vino bianco orrenda, dal commandos poetique dei souffleurs, quelli che ti sussurrano i versi di una poesia all'orecchio attraverso dei tubi illuminati di blu, in una chiesa enorme, silenziosa e assolutamente buia, dalla festa perché la francia ha battuto la nuova zelanda, dai quindici video di gondry, uno dopo l'altro, alle quattro di mattina, al theatre du chatelet, dal tè gratis sul pont des arts, dalle tuileries illuminate e riscaldate dal fuoco, dalla ricerca di un velib per tornare a casa, ricerca che non va a buon fine, e allora mezz'ora ad aspettare la prima metro della giornata, piena come neanche il lunedì mattina alle otto.
Quando torno a casa sono stanco morto, mi fanno male le gambe e voglio solo dormire. L'unico pensiero che ha la forza di emergere è: che si può desiderare più di parigi?

sabato 6 ottobre 2007

Variae

-parigi inizia il suo 6 ottobre, quello della nuit blanche, con una giornata di cielo azzurro e piena di luce, come non si vedeva da un po'. Io inizio il mio 6 ottobre, quello della nuit blanche, alle 13e30 e con un kebab quasi a colazione..
-il 5 novembre vado a sentire gli shins
-il 23 ottobre i sigur ròs vengono a presentare il film a roma. Proiezione del documentario e piccolo concerto acustico. Fossi stato a firenze, ci avrei pensato un attimo e poi avrei preso i biglietti. Ancora, invece, niente date francesi.
-il 16 novembre gli okkervil river suonano a firenze, al viper. Considerato che a-gli okkervil river sono uno dei migliori gruppi che passano a suonare a firenze questo autunno b-il loro ultimo disco è pieno di bellissime canzoni c-il biglietto costa meno della metà di quello che costa in francia e che ho pagato io, non mancherei. E non solo non mancherei, fossi in voi, ma arriverei anche con un certo anticipo: prima degli okkervil river suonano i pecksniff.
I pecksnff che quando hanno suonato l'anno scorso all'ambasciata eravamo a sentirli in venti. E quando il concerto è iniziato forse non arrivavamo a sei. Di quella sera mi ricordo uno dei concerti più divertenti di sempre, i giocattoli sul palco, il sole e il drago di cartone. Mi ricordo gente, poca gente in realtà, ma che importa, che sorrideva, che batteva il tempo con il piede e muoveva la testa. Mi ricordo che il giorno dopo avevo un aereo per londra. Mi ricordo piacevolissime chiacchere con i signori pecksniff pre e post concerto, di aver scherzato su presunte somiglianze con il cantante dei pavement, di essere salito sul palco per una collaborazione alle maracas. E una mezza promessa di farmi suonare il basso in qualche pezzo al prossimo concerto in zona. Dopo quella sera, ogni tanto, con qualche pecksniff, abbiamo continuato a sentirci, ed è sempre un piacere scambiare quattro chiacchere su musica, concerti e locali. Io questa volta non potrò esserci, niente malkmus special guest al basso, e mi dispiace un sacco. Voi, però, se potete non mancate. (Che ho promesso che con i miei potenti mezzi avrei fatto un po' di pubblicità e non posso certo fare brutta figura).

mercoledì 3 ottobre 2007

Il primo giorno di corsi (prima parte)

Quando entro nell'amphi 3 della faculté de droit sono un po' in anticipo e mi metto a sedere più o meno a metà dell'aula. Piano piano comincia ad arrivare gente e mi rendo conto che firenze e parigi, anche se a prima vista non si direbbe mai, sotto l'aspetto universitario, non sono così diverse. L'aula adesso è strapiena di gente, gente seduta per terra e appoggiata alle pareti un po' ovunque, fa caldissimo, l'aria è immobile. Il microfono non funziona neppure qui, in un'aula di parigi 1, che sembra quasi un'università di due secoli fa, dove il tempo è trascorso fino agli anni '70, e poi si è fermato. Per un attimo penso al contrasto tra quei corridoi, quell'aula in leggera discesa, quelle sedie di legno, la lavagna verde e la gente -noi- che la riempie.
Adesso il micorfono funziona, però non funzionano gli amplificatori da un lato dell'aula. Io, manco a dirlo, sono in quel lato. E poi il colpo di genio, il programma dei corsi prevede due lezioni diverse, alla stessa ora, nella stessa aula. Geniale, no? Gran caos e alla fine se ne vanno quelli del corso di sociologia del diritto. Che però sono sì e no in dieci e la situazione posti a sedere e aria irrespirabile -noi saremo in duecento- non è che migliora granché.
La lezione di diritto internazionale, alla fine, riesce a cominciare. Io per un attimo penso: cazzo, sto seguendo un corso di diritto internazionale alla sorbona. Poi penso anche: cazzo, non ci sto capendo niente. Il professore parla velocissimo, si muore di caldo, non c'è aria e non funziona l'amplificatore. Dopo quaranta minuti in cui capisco quattro frasi, dieci le tiro a indovinare e per il resto seguo in differita grazie ai miei compagni di fila, il professore dice che è andato particolarmente veloce per spiegare gli aspetti pratici del corso (ricevimenti, orari, bibliografia, manuali...) e che ora può iniziare la sua lezione.
Ora lui parla più piano, io capisco e prendo appunti in francese. Attorno, scene che, a questo punto, credo si vedano in tutte le università del mondo: cruciverba e, per i più tecnologici muniti di portatile, passaggio su tutti i giochi offerti da windows, brusìo e sbadigli, chi mangia e chi dorme. Oggi inizio a studiare e non credo di averne mai avuto così tanta voglia.

lunedì 1 ottobre 2007

Ho (quasi) in mano il nuovo disco dei radiohead

Del nuovo disco dei radiohead si parlava da un po' e qualche canzone nuova era perfino già stata suonata dal vivo l'estate scorsa. Si sapeva che mancava solo un contratto con una casa discografica, che il gruppo si era voluto prendere un po' di tempo per scegliere con calma tra le varie proposte. Qualche settimana fa avevo letto che il disco sarebbe uscito nei primi mesi del duemilaotto. Invece, la mattina del primo giorno d'ottobre, all'improvviso e senza che nessuno lo sapesse, arriva la notizia che il disco dei radiohead uscirà la prossima settimana. Per il momento solo in download o in una confezione speciale con doppio cd, vinili, foto. Poi, forse, anche nei negozi di dischi. E se la confezione speciale costerà quaranta sterline (io la vorrei tanto, ma al momento non possiedo quaranta sterline), il download è a offerta libera. Cioè, scegli tu quanto pagarlo. Il sito per il pre-order del download, o per l'acquisto del cofanetto è questo. Io sto già aspettando il 10 ottobre.

E dato che siamo a parlare di musica, questo è il trailer di heima (che in islandese significa "at home")



ovverossia il documentario sul tour islandese dei sigur ròs della scorsa estate. Non un semplice dvd di un concerto, ma qualcosa che si avvicina molto a un film, sull'islanda, su quegli spazi che sembrano infiniti, su quei villaggi che, quando non sono avvolti dalla nebbia, vedono il sole girarsi attorno e non tramontare mai. Esce il cinque novembre.